Monastero SS. Trinità

MONASTERO SS. TRINITA’

“La rivolta domata”

L’antico monastero benedettino della SS. Trinità, risalente al X secolo, a differenza di altri beni ecclesiastici che furono trasferiti agli inizi del 1800 al patrimonio dello stato, fu per buona parte distrutto su imposizione di un Regio Decreto come ritorsione al sostegno dato dagli abitanti alle suore che si rifiutavano di abbandonarlo dopo la soppressione. L’area è posta in un punto strategico sia per l’aspetto paesaggistico, favorito dalla quota elevata rispetto al centro storico, che per la vicinanza a consolidati itinerari di grande fascino (Villa Rufolo – Villa Cimbrone).

Sul Monastero della SS. Trinità, abbandonato agli inizi del XIX secolo e oggi del tutto scomparso, non esistono notizie bibliografiche e fonti documentarie certe che permettano di ricostruire l’assetto originario. La mancanza di una iconografia storia non consente di avere ulteriori informazioni riguardo alla collocazione del monumento stesso all’interno del centro abitato. Ravello legata in origine alla repubblica di Amalfi , costituì fin dal X secolo, un luogo di residenza per le famiglie patrizie della Costiera e fu sedi di numerosi complessi conventuali; il monastero benedettino della SS. Trinità fondato nel 944, accoglieva esclusivamente giovani di nobile famiglia munita di dote , raccogliendo così un cospicuo patrimonio terriero. Le uniche notizie pervenuteci al riguardo sono dovute al Mansi (1887) che riporta di un ingresso per le monache di clausura ad Occidente, attraverso un piccolo vestibolo, di un dormitorio abbastanza grande, in grado di ospitare, nella seconda metà del Cinquecento più di trenta monache e di un giardino recintato da “alte mura” collocato ad Oriente. La chiesa di cui non viene data notizia riguardo all’orientamento, è descritta ad una sola navata con in fondo il coro e l’organo, un tetto elaborato su cui sono riportate le armi della famiglia Frezza, tre altari e quattro sepolture. Il nartece o pronao è un elemento storicamente presente in molte chiese o complessi religiosi dell’area (come nella chiesa di San Francesco a Ravello), in quanto ha la caratteristica di “fondersi” con la strada che conduce al convento e l’oltrepassa, in modo da costituire un “portico pubblico” di obbligato passaggio (Schiavo 1941). In esso in genere si apriva l’unica porta del monastero o della chiesa. Coperto con volta a botte o crociera era spesso collegato tramite sottoarchi alla divisione interna della chiesa, comunemente a tre navi coperte da volte e separate da colonnati di colonne spesso di spoglio. Giuseppe Imperato (1981) nel tuo testo privilegia rispetto alla descrizione del convento l’organizzazione dell’ordine di clausura e sulle regole ad esso imposte. Scrive però che la chiesa era preceduta da un atrio, il cui tetto era sorretto da colonne decorate con gli stessi della Famiglia Freccia, con in mezzo l’immagine della SS. Trinità. E, come confermato dalla visita Pastorale di Mons. Guerriero del 1719, anche al monastero si accedeva attraverso un vestibolo, dove si trovava un parlatorio con cancellate in legno. Nella stessa Visita viene riportato che l’accesso alla chiesa avveniva attraverso ventisei gradini in fabbrica, che alla destra dell’ingresso si trovava la sagrestia, e al di sopra della porta il coro delle monache. Sempre l’Imperato scrive, senza riportarne la fonte, che al momento dell’abbandono nel 1812, “esistevano ancora tre stanze inferiori e due superiori con loggia davanti e contigue alla chiesa che dovevano essere riattate per servire il colono del giardino”, che il tetto venne smantellato e le tegole reimpiegate per sistemare la copertura del Duomo, e le porte e le finestre vendute. Dalla somma ricavata si decise, per volere dell’Arcivescovo, di creare “un giardino nel medesimo luogo di tutta la fabbrica demolita da formare un sol livello col piano superiore dell’antico giardino, e non già divisi in due piccoli piani; e in tutto il vecchio e nuovo giardino dovevano essere piantate ottime viti”. Questo , scrive, continuando a non riportare la collocazione della fonte, avveniva nel 1823.
Nelle note al testo invece l’autore riporta alcuni documenti provenienti dall’archivio, dove vengono descritti gli arredi sacri della chiesa del convento.

 

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